L'epatocarcinoma in Sicilia

L'epatocarcinoma in Sicilia


In Sicilia si è stimato nel 2020 che l’epatocarcinoma sia stata la terza causa di morte tra le patologie neoplastiche con la ovvia considerazione che la rete oncologica, i registri tumori e le Società Scientifiche devono continuare il lavoro di collaborazione ed implementazione delle loro attività anche perché la Sicilia è ancora esposta al rischio dell’epatocarcinoma su cirrosi post-infettiva ma oggigiorno, deve attenzionare soprattutto una popolazione con sempre crescente tendenza al sovrappeso e obesità. 

Queste condizioni spesso causano la cosiddetta “sindrome metabolica” che, a livello epatico, si manifesta con steatosi che può evolvere in steatoepatite, in cirrosi, in HCC. Un dato positivo è l’adesione dei Centri di riferimento dell’Isola ad un progetto di rete nazionale denominato “Uniti e Vicini”, sponsorizzato da una nota multinazionale farmaceutica ed associazione di pazienti. Inoltre è in corso presso l’Assessorato Regionale della Salute l’elaborazione del percorso diagnostico-terapeutico assistenziale (PDTA) per l’epatocarcinoma che garantirà l’assistenza di questi pazienti solo in Centri ad alta Specializzazione presenti in Sicilia. Infine è anche da considerare l’odierna possibilità di una terapia antiblastica “ tailored” per l’acquisizione di alcuni nuovi farmaci e di anticorpi monoclonali.

Nel periodo di grande progettualità e di decisioni strategiche volte a combattere l’epatocarcinoma si è presentata l’opportunità di sviluppare un’idea di ricerca sperimentale con notevoli possibilità di applicazione clinica. Infatti all’interno del PON Ricerca e competitività  2007-13 le Università di Palermo e Catania e il CNR hanno presentato  diversi progetti sul tema di sviluppo di micro e nano tecnologie e sistemi avanzati per la salute dell’uomo (HIPPOCRATES – DRUG DELIVERY).

Il progetto presentato dal nostro gruppo ipotizzava la possibilità di utilizzare l’unico farmaco disponibile a quel tempo, contro l’epatocarcinoma (Sorafenib) non per via orale a causa di svariati effetti collaterali, ma bensì per via topica intratumorale. Questa tecnica era già usata da tempo e consiste nell’iniettare nel circolo arterioso del tumore, mediante un arteriografia super selettiva per via trans femorale un agente embolizzante e un chemioterapico (Antiblastina). L’indiscutibile superiorità del Sorafenib rispetto all’Antiblastina nei confronti delle cellule dell’epatocarcinoma non poteva però essere sfruttata per chemioembolizzazione perché il Sorafenib non è in formulazione iniettabile. L’idea si materializzò nella produzione di micro e nano particelle polimeriche che veicolavano microparticelle del farmaco all’interno del tumore con risultati eccellenti in termini di riduzione della massa tumorale o della sua scomparsa in vivo ed in vitro nei test di laboratorio. Pubblicazioni scientifiche ed un brevetto testimoniano questi risultati.

Il POR-FERS 2014-20 “Liver smart drug” ha firmato un ulteriore opportunità di continuare la sperimentazione con un preciso interrogativo: le stesse o differenti macro e nano particelle polimeriche utilizzate per il Sorafenib possono veicolare nuovi farmaci come il Lenvatinib di seconda linea(Regorafenib) o terza linea (Cabozantinib) appartenenti alla stessa classe (inibitori della tirosin-chinasi) e sempre con modalità d’assunzione per via orale?